Expo, caramelle, “macedonie” e “salamelle”

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Bighellonando da Maggio a Ottobre per la città che da anni mi ospita, e cioè Perugia, si incappa molto spesso in una qualche iniziativa cultural-commerciale (licenza poetica… licenza poetica…). Tali iniziative, soprattutto ora che la città si è candidata come Capitale della Cultura Europea 2019, si presentano il più delle volte sotto la forma dell’Evento, anche perché uno dei personaggi (alcuni aggiungerebbero Haimé! …) più influenti qui in area è il Sor. Guarducci . Alla parola “evento” il cervello della maggior parte degli esperti di turismo enogastronomico (e non) si accende ed entra in una sorta di iperlavoro dovuto alla grande sfida italiana del 2015. L’Expo 2015 di Milano.
Sempre bighellonando per questa piccola città sono incappata volutamente proprio in un raduno di questi iperlavoratori che apparentemente,  grazie a Dio, cercano di risollevare leggermente alcuni sottosettori del paese. Sorvolando sul fatto che non ho ancora deciso se la loro attività è un bene, il Festival del Giornalismo e la conferenza “Expo 2015 a 365 giorni dall’apertura. Focus sui territori, filiere e cluster”mi hanno permesso di cominciare una profonda riflessione sulle effettive potenzialità di una manifestazione così enorme e poliedrica.
La riflessione a dire il vero è cominciata dopo l’incontro. Nel durante mi sono lasciata trascinare da un’affascinante osservazione del linguaggio non verbale dei tre esperti incaricati di sostenere la conferenza: Patron (di Eurochocolate) Guarducci, Aaster Aldo Bonomi e Mr. President Mario Guidi da Confagricoltura.
3 personaggioni così diversi da poter trascinare in maniera naturale delle intransigentissime osservazioni (che da donna acida e ironica adoro!) durante ogni discorso.
C’è da dire che essendo l’incontro organizzato dall’Architetto di Eurochocolate un po’ di autocelebrazione ci sta, soprattutto se si pensa alla grande impresa fatta nell’accaparrarsi i 9 Cluster dell’Esposizione Universale dedicati all’agroalimentare. La sua Perugia privata a manovrare per 6 mesi un evento mondiale. Effettivamente c’è da essere orgogliosi. Mancavano tuttavia gli stati d’animo da bottiglia di spumante. Non so sinceramente quanto possano essere contenti i poveri dipendenti incaricati di curare per un periodo così lungo una parte della manifestazione così vasta. Che io abbia capito male le dimensioni del settore curato dalla 16eventi ? L’unica cosa che ho capito benissimo dell’intervento del Sor. Guarducci è la posizione della oscura Area C4, dedicata, se la memoria non mi inganna – e spesso mi inganna – all’enogastronomia Umbra o comunque del centro Italia. L’intervento dell’architetto è stato tenuto con l’ausilio di una presentazione Power Point Renzi Style (giuro di aver sentito delle risatine dal fondo della Sala Raffaello alla prima slide!) che sinceramente ho apprezzato, perché capaci di mantenere vitale (viva sarebbe stato impossibile) l’attenzione dell’eterogeneo pubblico della sala, oramai sfinito dai precedenti interventi, soprattutto, e mi dispiace dirlo, da quello un po’ troppo prolisso di Aldo Bonomi.
Insomma Guarducci è stato sicuramente penalizzato dalla posizione finale del suo discorso. Tornando al linguaggio non verbale, temo che lui fosse perfettamente consapevole al quinto minuto di conferenza di aver fatto un piccolo errore di calcolo nel lasciare la parola prima a Bonomi e poi a Guidi. Tale impazienza è stata tradita da :

  • 19:32 = a circa 15 minuti dall’inizio della conferenza e al decimo intervento di Bonomi (che interpellava l’architetto solo se si parlava di Cioccolato e Baci Perugina) Guardu incrocia le braccia.
  • 19:34 = Guardu inizia a martoriarsi la barba, fino a tentare una rasatura manuale.
  • 19:35 = Guardu posa lo sguardo nel vuoto e cade in depressione.
  • 19:36 = Guardu si risveglia e medita un omicidio (del direttore del consorzio).
  • 19:37 = Guardu accusa un’emicranea e inizia a massaggiare con movimenti circolari la tempia destra.
  • 19:38 = Guardu posa la propria attenzione sul computer (avrà provato l’irrefrenabile desiderio, come la metà dei presenti con un Android, di andare su Facebook).
  • 19:43 = all’ ” e quindi finisco con una battuta” di Bonomi ,Guardu si riaccende richiamato dalla parola “finisco”.

Consiglio al patron di giocare le carte ad inizio partita alla prossima Convention…

Ma uno si chiederà (e me lo chiedo pure io cosa credete, sono vittima di una  mente dissociata…) cosa c’entra quest’intervento con il tuo blog ? Viaggi e alimentazione c’entrano con una conferenza sui cluster dell’agroalimentare italiano all’Expo, no? Soprattutto quando il fulcro del discorso del direttore del consorzio Aaster sono le Salamelle della festa dell’Unità e quello del presidente di Confagricoltura la “macedonia”.
Non è stato rassicurante vedere che le tre idee esposte erano piuttosto contrastanti. Per quanto mi riguarda ho apprezzato molto l’intervento di Guidi. Preciso e conciso, non ha lasciato nessun elemento essenziale, relativo al comparto agroalimentare, senza uno spazio. La mezz’ora di intervento di Bonomi infatti aveva sorvolato sul tema centrale dell’esposizione universale, il futuro del pianeta (o forse mi è solo sembrato?). Secondo Guidi l’Expo 2015 sarà un luogo di dialogo tra culture diverse oltre che tra convinzioni economiche divergenti. Si dovrà trovare un punto di incontro tra economia e ambiente e una soluzione al problema della scarsità di alimenti proteici nel prossimo futuro. L’unico rimprovero che una piccola giovane e ingenua ascoltatrice come me può fare è che già spendere cifre considerevoli nell’organizzazione di un evento così grande, sia per creare una sorta di Milano dell’altro mondo che per accogliere delegazioni internazionali con il conseguente popò di pranzi e cene e galà della Salamella ( cit. ) toglie fondi a quegli organismi che il problema della scarsità alimentare potrebbero risolverlo e non solo parlarne (Università Italiana in ginocchio, Ricerca indipendente talmente indipendente da non avere fondi, ecc. ricordano qualcosa?).
Come al solito non si capisce la differenza tra il parlare di “fare” ( parola citata con ridondanza anche dallo stesso Guidi) e la pratica di ogni cosa. Per il resto tutte le altre parti dell’intervento del presidente di Confagricoltura (rimando all’articolo di Giovanna Carnevale per i dettagli http://www.festivaldelgiornalismo.com/post/33346/ ) hanno il loro perché e sono state esaustive su ciò che si propone l’associazione semi-pubblica durante l’Expo.

Ripensandoci l’intervento di Bonomi non è stato concettualmente così malvagio. L’unica pecca è stata la prolissità (io parlo di prolissità?) che ha reso piuttosto difficile seguire un discorso che se incompleto lascia  un’idea completamente distorta delle convinzioni del direttore. L’inizio del discorso infatti sembra porre l’accento sulla sfida italiana “dare un’idea della nostra potenza” cosa piuttosto difficile vista la situazione politica italiana e non solo quella. Tale affermazione, se distaccata dal resto del discorso sembra una provocazione di un soggetto totalmente distaccato dalla profonda crisi politico-economico-socio-culturale ( ce le abbiamo proprio tutte , bingo!) italiana. Ma  a sentirlo parlare, purtroppo solo inoltrandosi nel discorso di limiti e di disuguaglianza della distribuzione dei 20 milioni di euro destinati all’Expo si capisce il carattere provocatorio dell’intervento che vuole risultare non polemico (anzi, omologato e accondiscendente, pur essendolo). Ciò è apprezzabile ed evidenzia come l’artigianato sia forse la parte più consapevole dell’economia italiana, e per consapevolezza intendo la capacità di guardare la realtà dei fatti. L’Umbria ha da offrire soprattutto artigianato , anche alimentare, se così lo si può definire, il quale va distinto dalla marea di piccoli produttori che sfruttano nel piccolo volume gli stessi trucchi, a livello ridotto, della grande distribuzione. L’artigianato da difendere è quello della produzione realmente fatta con le mani e con le braccia che troppo spesso si deve sacrificare ad una visione capitalistico-americanizzata (o europeizzata), chiudendo completamente i battenti o inserendo nei processi produttivi additivi ed E-QUALCHE NUMERO che con la qualità nutrizionale, di processo…insomma totale non hanno nulla a che fare.
Ma queste sono solo le osservazioni di un’iperlavoratrice cerebrale che vede le cose con una mente piccola e innocente (non ingenua, e la distinzione è enorme), come buona parte di chi ancora abita l’Italia. Una che bighellonando poco e male per lo stivale – quello reale e non Reale – vede la frattura tra chi usa la tradizione perché sa come sfruttare il concetto nella promozione di prodotti fino a 3 mesi fa inesistenti in qualsiasi regione italiana e chi la tradizione la fa ma non la può vendere. Meglio usare le mani è il passato, ma non dirlo, o gridare ala rinascita con fare tenorile nascondendo lo stabilimento produttivo in una invalicabile Area 51 (non C4) ?