Nonostante la grande quantità di impegni, anche frivoli, non ho potuto fare a meno di scrivere qualcosa riguardo un’iniziativa nazionale che mi tocca profondamente: la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla.
Troppo si parla di Anoressia e Bulimia. Troppo se ne parla come di malattie dell’estetica, quasi fossero un capriccio di donne sempre più deboli e insensibili, concentrate solo sulla frivolezza di un’immagine riflessa.
L’anoressia nervosa e i Disturbi del comportamento alimentare non sono questo.
Sono proteste forti e in alcuni casi mortali.
Sono urli contro tutto quello che inconsciamente noi esseri umani avvertiamo come malato e ingiusto intorno a noi.
La negazione dei cicli vitali, del ciclo mestruale, del corpo come stampella e non come armonia, dell’individualità.
Sono risposte alla solitudine, di persone troppo forti per chiedere un abbraccio o conforto quando le condizioni dell’ambiente familiare che le circonda non lo consentono.
Nei casi più estremi forse sono addirittura un rifiuto fisiologico della perfezione così spasmodicamente cercata dalla società di oggi.
Io, individuo, non sono una macchina, non sono perfetto, e se mi vuoi perfetto, mondo, allora non mi avrai. Io solo, sono.
L’anoressia è sempre esistita, solo che un tempo era nascosta sotto le mentite spoglie del digiuno mistico e della santità, o altre giustificazioni simili. E’ sempre esistita perché da sempre ci sono donne e uomini soli e regole obsolete che devono essere cambiate.
Il binge o il vomito sono come la febbre di un’influenza. Il problema non è la temperatura corporea in sé per sé, giusto? Anche per i DCA è così. Invito quindi tutti, nella giornata di oggi, a riflettere su questi aspetti, su quello che non si vede dei disturbi alimentari e non sul sintomo in sé della magrezza o dell’obesità.
Vi lascio con un testo di Bertolt Brecht, scritto per un tema estremamente diverso rispetto a quello trattato.
Il bello della letteratura è però che si può adattare a situazioni nuove, invitando all’ascolto di nuovi pensieri e nuove idee.
A coloro che verranno – An die Nachgeborenen – Bertolt Brecht (1939)
Davvero, vivo in tempi bui! La parola innocente è stolta. Una fronte distesa vuol dire insensibilità. Chi ride, la notizia atroce non l’ha saputa ancora.Quali tempi sono questi, quando discorrere d’alberi è quasi un delitto, perché su troppe stragi comporta silenzio! E l’uomo che ora traversa tranquillo la via mai più potranno raggiungerlo dunque gli amici che sono nell’affanno? È vero: ancora mi guadagno da vivere. “Mangia e bevi!”, mi dicono: “E sii contento di averne”. Vorrei anche essere un saggio. Il mio pane, lo mangiai tra le battaglie. Al mio tempo le strade si perdevano nella palude. Le forze erano misere. La meta Voi che sarete emersi dai gorghi Andammo noi, più spesso cambiando paese che scarpe, Eppure lo sappiamo: Ma voi, quando sarà venuta l’ora |